Evan De Vilde ricorda a tutti la famosa frase di Cesare Brandi (Siena, 8 aprile 1906 – Vignano, 19 gennaio 1988, storico dell’arte, critico d’arte e saggista italiano, specialista nella teoria del restauro): “il restauro è il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della trasmissione al futuro”. Questa è una fondamentale questione nel campo dell’ archeorealismo, concetto artistico di ampio respiro che parte dall’uso di reperti archeologici per installare l’opera antica in un ambiente moderno, attuale, contemporaneo. In quest’ottica l’arte concettuale di Evan De Vilde parte dal presupposto che l’opera di fondo, quella archeologica o di antiquariato, sia primaria, tanto centrale nell’opera da essere rispettata e non intaccata in nessun modo dal processo creativo del contemporaneo. Così tutte le opere sono concepite secondo l’assioma che il bene archeologico, pur essendo compreso in un’opera contemporanea, sia sempre recuperabile in modo integro e restituito intatto alle generazioni future. Questo vale per i documenti a strappo delle antiche pergamene e manoscritti del XV sec., oppure per la serie delle croci bizantine, o dei sutra tibetani. “Chi siamo noi del XXI secolo per poter scalfire, strappare, distruggere un’opera antica quanto il tempo, quale diritto o licenza artistica abbiamo noi contemporanei per poter piegare la memoria antica a nostra immagine e somiglianza?” Così Evan De Vilde inizia una sua conferenza a Palazzo Gravina, in occasione di un convegno sulla memoria dell’arte e della sua nuova “invenzione artistica”, già chiamata “archeorealismo”. “In una nuova concezione prospettica del quadro creo una prospettiva che mi consente di orientare lo sguardo dell’osservatore verso il passato (al reperto archeologico) e verso il futuro (alla conservazione della memoria alle generazioni future) in un fulcro ottico centrato nel contemporaneo, giocando su concetti di storia attuale, così da attualizzare un reperto antico svecchiandolo e riportare nel passato un avvenimento di storia contemporanea.” “[…] Senza tradire lo scopo della conservazione del reperto archeologico, perché nel primo mio assioma dell’archeorealismo resta inteso che l’oggetto antico non dovrà mai essere snaturato o intaccato, e senza mai tradire l’arte contemporanea che è quella di concettualizzare un fenomeno storico in un oggetto simbolico come può essere quello archeologico, ho fuso la storia antica con quella moderna, storia nella storia, livelli che tra loro si rincorrono e si chiudono uno nell’altro inseguendosi senza mai raggiungersi.”
Evan De Vilde